Un road-movie nello spazio e nel tempo del Paese delle Aquile, un racconto della sua perenne condizione di “transizione”: dai monumenti socialisti ai grattacieli, dalle bandiere rosse al nuovo impero verde… Dove sono e cosa stanno diventando oggi i vecchi monumenti socialisti albanesi? E ora, dopo anni dal cambio di sistema, quali sono i monumenti eretti in questa nuova era neoliberista e turbocapitalista?
Una co-produzione Friccicarella Film, Art House Shkodra (Adrian Paci) e Fabrizio Bellomo
Italia, Albania | 63’ | 2023
Marinella di Sarzana è un borgo agricolo la cui memoria identitaria si sfilaccia nel tempo e rischia di sparire, trascinando nell’oblio un’importante storia sociale collettiva d’Italia oltre che un luogo paradigmatico del passaggio dal mondo rurale alla modernità. Oggi infatti vi sono solo le ombre di quello che fu un villaggio agro-industriale all’avanguardia, balzato agli onori delle cronache in tempi moderni per essere stato messo in vendita con tanto di abitanti, considerati parte del pacchetto tanto quanto le pietre che compongono le case.
Appunti per un film su Marinella è il racconto di Loris e Panù, che a Marinella ci vivono ancora.
Una co-produzione Friccicarella Film, Spazi Fotografici. Il progetto è stato realizzato con il sostegno del Comune di Sarzana vincitore della Call for Ideas 2022.
Italia | 11’ | 2022
“La casa di Maria” è un piccolo documentario girato ad Albori (Costiera Amalfitana) e fruibile tramite un QR code posto sulla casa un tempo abitata dalla signora Maria e i suoi figli, la quale tuttora ne parla con nostalgia e malinconia. La signora Maria è stata sfrattata dal proprietario tanti anni fa per far spazio ai turisti, che però non sono mai arrivati.
Prodotto da Friccicarella Film per il progetto “Albori è destinata a scomparire?” di Fabrizio Bellomo per “Una boccata d’arte III” di Fondazione Elpis in collaborazione con Galleria Continua e Threes Productions.
Una ringraziamento speciale alla stupenderrima curatrice @chia.dami.
Photo courtesy of @danilo_donzelli_fotografia
Première: 58 Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro
Un ritorno a casa attraverso il ritmo dei ricordi, degli odori, dei colori, del tatto, delle forme e del suono abbandonando sempre più le narrazioni classiche dando voce alle sensazioni del gusto di vivere per vivere senza alcun fine altro da rivendicare o rincorrere. Terzo e (forse) ultimo capitolo di una “Trilogia del Regresso”.
Evocativa “Natura Morta” nel film del regista Bellomo a Pesaro.
di Massimo Causo
Fare un film è come comporre un puzzle di cui non si conosce ancora l’immagine, dice Fabrizio Bellomo in esergo alla sua Natura morta, il magnifico film di 50’ che ha presentato ieri in Concorso alla 58ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Anche qui, come nei lavori precedenti (L’albero di trasmissione, Film, Commedia all’italiana), Bellomo segue un percorso in transito tra l’happening sapientemente provocatorio, l’evocazione di un immaginario d’archivio (pubblico o privato) e il confronto con un mondo di sfondi e figure, che gli si offrono come cartine di tornasole delle dinamiche storiche e sociali alle quali inesorabilmente si interessa.
Rispetto ai suoi lavori precedenti, Natura morta ha un carico introspettivo maggiore, nasce da un dialogo con la propria memoria, che si rivolge a questo nostro mondo digitale parlando il linguaggio analogico delle immagini di una vecchia videocamera familiare: scaturigini di quel rapporto giocoso e un po’ casuale col filmare che Bellomo preserva ancora oggi e che rendono i suoi lavori così sapienti nel discorrere con il sentimento della rimozione. Non che questo sia un film più o meno «privato» di quanto fossero i precedenti: l’evocazione nel montaggio libero di frammenti apparentemente incoerenti fa emergere vecchie riprese di settimane bianche familiari o gite al mare, ma il rimando alla propria infanzia segue la logica di un attraversamento del presente in perpetuo movimento. E, in onore al sentimento del contrario che Bellomo coltiva da sempre nel suo lavoro, in questa sua Natura morta non è certo la fissità della vita ad essere esaltata, ma il movimento e, soprattutto, il suo concetto basilare: la libertà.
E allora questo è un film di fughe, come quella della pantera avvistata nelle campagne pugliesi o quella musicale del finale, che lui stesso compone e suona sui tasti di un pianoforte. Ed è un film di liberazioni. Ed è soprattutto un film che sa smuovere qualcosa di profondo nello spettatore, non perché maneggi la nostalgia, ma per come tratta la realtà: per il confronto che crea tra il senso delle cose che mostra e il dissenso che esprime (qui molto più dolce e introspettivo degli altri lavori). Un po’ come quelle immagini nere su cui scorrono i titoli di coda, catturate dalla vecchia videocamera familiare rimasta accesa per errore e per errore spenta proprio quando invece avrebbe dovuto riprendere una discesa sulla neve: un’altra corsa mancata, un altro sentimento di libertà disperso nel cuore di questo magnifico non-film.
Una produzione Friccicarella Film con il supporto di Fondazione Finanza Etica.
Italia | 50’ | 2022